C’è differenza tra Yoga e attività fisica?

In questo periodo siete stati in molti e molte a chiedermi consigli su come iniziare o integrare la pratica Yoga domestica, ciò mi ha motivata nel provare a spiegare innanzitutto che cos’è lo Yoga, come agisce in profondità su Corpo e Psiche, grazie al rapporto inscindibile con il Respiro Profondo, e come si discosta dal mero allenamento muscolare e performativo.
L’effetto della sua pratica, graduale e progressiva, impegna colui e colei che la esegue sul piano fisico, psichico ed emotivo, verso l’integrazione e la maturazione di potenzialità latenti proprie di quel dato essere umano, ma non sono soltanto i suoi propri benefici a differenziarlo dall’attività sportiva.
Vi sono manuali e lezioni online che parlano dei suoi effetti salutari e vitalizzanti, senza però far riferimento alla componente filosofica e psicologica della disciplina, e ciò sta contribuendo ad accrescere l’errata opinione che lo Yoga si riduca a un’attività puramente fisica che consiste (solo) nell’assumere e mantenere determinate posizioni corporee, aumentando l’attività metabolica, tonificando quella muscolare e aumentandone la flessibilità.
E’ assai vero che lo Yoga attribuisce una grande importanza al corpo: molte delle sue tecniche infatti hanno lo scopo di conseguire una perfetta padronanza delle funzioni fisiche. In questa disciplina, però, il Corpo è vissuto e accolto come tempio dello Spirito e al tempo stesso come strumento della Coscienza, grazie all’esperienza della totale e costante presenza agganciata al Respiro e alla sua direzione, imparando così a dirigere mentalmente e fisicamente la propria energia vitale, facendola ruotare verso l’alto e verso il basso, attorno ai sei centri spinali (i plessi midollare, cervicale, dorsale, lombare, sacrale e coccigeo).
La respirazione consapevole, dapprima controllata poi spontanea, la direzione della stessa e l’ allineamento posturale – nel rispetto delle caratteristiche costituzionali di nascita – restituiscono al corpo l’armonia di funzioni che gli compete sotto forma di energia, vitalità, chiarezza di visione, presenza nell’ascolto, strumenti indispensabili per accompagnare il praticante nell’arte della Meditazione e propriocezione. Lo Yoga, infatti, non è nient’altro che un’attività propedeutica all’Arte della presenza, dell’ascolto delle sensazioni corporali, generate dalle emozioni di cui la mente si fa veicolo, riconoscendole attraverso etichette, nomi, giudizi e interpretazioni.
Yoga e Meditazione quindi sono indivisibili, o meglio, lo Yoga non è Yoga senza tali caratteristiche. Colui o colei che pratica Yoga e gli attribuisce questo termine conosce e pratica, o almeno prova a farne esperienza, l’Arte della Meditazione.  Nell’esecuzione degli àsana a ogni movimento o sequenza di movimenti corrisponde una specifica sequenza respiratoria. Non prestare attenzione alla respirazione, scegliere di non attribuirle importanza, non esercitarsi d’apprima su di essa, per poi passare ai movimenti, significa privare allo Yoga la sua Essenza primordiale, la sua caratteristica Unitaria e gran parte della sua efficacia – addirittura renderlo nocivo, favorendo tensioni e contrazioni muscolari, quindi anche mentali.
Come sappiamo l’atto fisiologico respiratorio è uno scambio di sostanze gassose, negli alveoli dei polmoni il sangue cede all’aria anidride carbonica e ne riceve ossigeno. La disciplina yogica porta il focus anche sull’energia che viene assorbita insieme all’ossigeno, con la quale ci carichiamo in ogni atto respiratorio. Senza di essa nessuna forma di vita potrebbe esistere, né alcun processo vitale nel nostro corpo potrebbe aver luogo: ogni cellula, ogni atomo del nostro essere, è pervaso da questa mirabile energia.
Gli antichi maestri chiamarono quest’energia Prana, il controllo volontario e cosciente di essa Pranayama, e la percezione e direzione della stessa Anapana.
L’atto respiratorio consapevole purifica il sangue dall’anidride carbonica e lo arricchisce di ossigeno, tale supplemento si traduce in corrente vitale, che rigenera il cervello e i centri spinali arrestando l’accumularsi di sangue venoso, calmando l’attività degli organi interni, principalmente dei polmoni e del cuore, ottenendo una riserva aggiuntiva di energia/forza vitale. Anche a livello di effetti ed efficacia, praticare Yoga slegandolo dal respiro e dalla percezione, non genererà gli stessi benefici, oltre al fatto che, di conseguenza, non è più Yoga ma attività fisica.
Attraverso un’attenta osservazione è possibile rendersi conto di come il respiro sia collegato alla nostra vita psichica ed emotiva, cambiando infatti a seconda del nostro “stato” dominante di quel determinato momento. Lo Yoga, tuttavia, non si limita a questa osservazione, ma collega i nostri stati mentali alla quantità e alla qualità del pràna che viene assorbito e fissato, correlandolo alla possibilità e alla conseguenza di poter intervenire sugli stessi.
Di solito pensiamo alla respirazione come composta di due fasi: l’inspirazione e l’espirazione. In realtà, dopo un’attenta osservazione posso percepire che il respiro si compie attraverso quattro fasi: dopo che i polmoni sono stati riempiti nell’inspirazione (I) si ha una breve apnea inspiratoria (II), poi l’espirazione (III), ed infine un’apnea espiratoria (IV). I primi passi nella disciplina dello Yoga consistono nel divenire ben consapevoli del respiro nella completezza delle sue quattro fasi e della profonda interconnessione tra mente e corpo: questa presa di coscienza è già Yoga, in quanto Unione.
Unione non come concetto intellettuale ma come esperienza corporea diretta, attraverso la disciplinata attenzione delle sensazioni fisiche nel corpo, che continuamente si interconnettono condizionando mente ed emozioni.
Ogni volta che, grazie alla pratica dello Yoga, portiamo attenzione all’atto respiratorio modifichiamo qualitativamente e quantitativamente l’energia prànica che viene assorbita dal corpo favorendo la respirazione diaframmatica e la possibilità di vivere l’esperienza meditativa, purificando la mente oltre a tutti gli altri benefici fisici elencati.
Rispetto alle richieste di partenza, per praticare Yoga, il mio più caro consiglio è proprio quello di concentrarsi sull’osservazione del respiro, provare ad incontrarlo -ancor prima di veicolarlo – conoscerne le caratteristiche, che varieranno da momento a momento, e con curiosità o a volte frustrazione, scoprirne le fasi:
Come si muove il mio diaframma? Si espande in profondità? Si concentra in un punto? Come danza il mio inspiro? Come scorre il mio espiro? Trattengo una parte dell’aria o la lascio andare tutta quando sto espirando? Sono conscio dell’intrinseca unità dell’inspirazione e dell’espirazione? Il mio respiro si concentra in una determinata parte del corpo (quale?) Percepisco le sensazioni dall’aria fresca che entra, dell’aria calda che esce? Sento il respiro nella gola, nel petto, nella cassa toracica, nell’addome, nel grembo?
Questa per me è la prima e autentica pratica Yoga!

Torna in alto